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Introduzione
Alimenti infiammatori e demenza: potrebbe esserci un collegamento.
Questo è il titolo di un articolo pubblicato da un ricercatore con 35 anni di esperienza che si occupa, sul proprio sito, di commentare la solidità di studi relativi alla salute; fa riferimento a un paper del 2021, pubblicato su Neurology, in cui i ricercatori hanno valutato l’impatto della dieta su circa un migliaio di persone, andando a studiare in particolare il rischio di sviluppare demenza.
L’idea, ben descritta nell’abstract, poggia sull’osservazione che con l’avanzare dell’età il nostro sistema immunitario tende a diventare più propenso all’infiammazione, tende cioè ad arrabbiarsi un po’ troppo facilmente con chiunque gli stia attorno. Si pensa che questo caratteraccio del sistema immunitario possa essere collegato al rischio di sviluppare declino cognitivo, quando non addirittura una vera e propria demenza. Una dieta in grado di ridurre l’infiammazione, almeno sulla carta, potrebbe essere quindi uno strumento efficace per ridurre questi rischi, e la valutazione di questo collegamento è esattamente l’obiettivo della ricerca.
Te la faccio breve perché la conclusione dello studio non lascia spazio a dubbi: una dieta pro-infiammatoria è associata a un aumento del rischio di demenza, quindi non solo viene confermata l’ipotesi dei ricercatori, ma soprattutto si ribadisce l’importanza di una dieta sana come strumento di protezione, confermando ancora una volta la necessità di assumere un ruolo attivo nel preservare e migliorare la nostra salute attraverso scelte alimentari informate e consapevoli.
Quanto, come e cosa mangi, fa tutta la differenza del mondo.
Cos’è una dieta antinfiammatoria?
Intanto partiamo dalle basi, cos’è esattamente una dieta antinfiammatoria?
Definirla in modo scientifico è tutt’altro che banale, ma ad oggi l’approccio più utilizzato è probabilmente il Dietary Inflammatory Index, un vero e proprio punteggio numerico che valuta l’effetto di una dieta su diverse sostanze del corpo legate all’infiammazione, tra cui interleuchine, la proteina C reattiva e l’omocisteina.
Numericamente l’indice va da circa -9, dieta antinfiammatoria, a +8, bomba a orologeria…
Da un punto di vista teorico ci sono un sacco di limiti a questo approccio, ma nonostante tutto nella pratica funziona abbastanza bene, perché si è dimostrato collegato a molte malattie croniche, tra cui tumori, malattie cardiovascolari, malattie infiammatorie intestinali, diabete e, ancora più in generale, con la qualità di vita (adottare una dieta antinfiammatoria potrebbe consentire di vivere meglio, almeno secondo i risultati di questa revisione sistematica).
Cosa s’intende nella pratica per dieta antinfiammatoria? Un regime alimentare costruito attorno al consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, pesce, noci, semi e olio d’oliva (qualcuno ha detto dieta mediterranea?).
Cosa s’intende per dieta infiammatoria? L’attuale dieta occidentale, caratterizzata da un insufficiente consumo di frutta e verdura e da un elevato apporto di alimenti ultraprocessati ad alto contenuto calorico, ricchi di zuccheri, grassi animali e di cattiva qualità in genere.
Per i più tecnici vale la pena ricordare che entrambe queste affermazioni hanno trovato conferma da studi randomizzati tesi a valutare il cambiamento dei marker infiammatori a seguito di modifica della dieta, ad esempio:
- Mediterranean dietary pattern, inflammation and endothelial function: A systematic review and meta-analysis of intervention trials
- Major dietary patterns are related to plasma concentrations of markers of inflammation and endothelial dysfunction
I limiti dello studio
Ora siamo equipaggiati con le informazioni necessarie per comprendere limiti e peculiarità dello studio di cui ti parlavo; se le conclusioni sono quelle attese, ovvero la dimostrazione che una dieta antinfiammatoria è associata alla riduzione del rischio di demenza, non possiamo esimerci dall’evidenziare i due principali limiti metodologici:
- si tratta di un’indagine basata sull’utilizzo di questionari per ricostruire la dieta dei partecipanti, e questo non è certamente l’approccio che garantisce maggior precisione,
- ma soprattutto si tratta di uno studio osservazionale, che non permette cioè di avere la certezza di un rapporto di causa ed effetto (una dieta migliore è associata a un effetto protettivo, ma non abbiamo la certezza che questa dieta sia la causa dell’effetto protettivo).
I risultati
Pur consapevoli di questo, il risultato a mio avviso non è meno interessante, perché suggerisce un possibile legame dose dipendente tra qualità della dieta e rischio di demenza: in parole semplici, peggio mangi e più rischi.
Quanto rischi?
Secondo gli autori dello studio chi mangia peggio corre un rischio tre volte più alto rispetto a chi mangia meglio.
Interessante, molto interessante, no? Ma come diciamo sempre uno studio è solo un pezzo di un puzzle più complesso, che andrebbe valutato nell’insieme. Per farlo un buon modo è quello di unire tutti gli studi che valutano un certo legame per poi analizzarli nell’insieme, al fine di trarre conclusioni più solide.
Anche questo non è un approccio perfetto, tra i tanti limiti ce ne sono due che spiccano:
- Se gli studi iniziali hanno dei limiti metodologici, come nel nostro caso, o addirittura sono fatti male, anche unendone tanti insieme la situazione non migliorerà: se in dispensa hai alimenti di scarsa qualità, anche combinandoli nel miglior modo possibile non potrà mai venirti un piatto buono, no?
- Esiste poi un secondo limite ancora più subdolo, che è legato ai possibili studi mai pubblicati. Purtroppo le riviste scientifiche tendono a pubblicare studi che confermano la tesi iniziale, perché uno studio che non dimostra nulla non è altrettanto appetibile… e questo è un peccato, non solo perché sarebbe interessante sapere quando qualcosa non funziona, ma soprattutto perché potrebbe viziare le conclusioni di chi analizza tutti i dati presenti in letteratura.
Fatte queste premesse, mi sembra comunque degna di nota una meta analisi del 2023, ovvero una ricerca di tutti gli studi fatti sul legame da dieta e declino cognitivo, arrivando a confermare l’ipotesi di partenza: una dieta infiammatoria è associata all’aumento del rischio di deterioramento cognitivo.
Cosa ci portiamo a casa?
Ho approfittato di questo argomento per divulgare l’importanza di un corretto approccio critico agli studi che, quando si parla di alimentazione, purtroppo molto spesso soffrono di limiti metodologici importanti.
Ricapitoliamo: una dieta antinfiammatoria, o diciamo la dieta mediterranea, è basata su
- Frutta e Verdura
- Cereali Integrali
- Legumi
- Noci e Semi
- Olio d’Oliva come principale fonte di grassi
- Pesce e Frutti di Mare
- Consumo moderato di carne bianca e latticini
- Consumo limitato di carne rossa
- Erbe e Spezie per aromatizzare i piatti
e magari ci aggiungiamo anche una bella tazza quotidiana di tè verde.
Se non fossi ancora convinta dell’utilità di adottare una dieta di questo tipo, mi permetto con tanta umiltà di farti notare alcuni punti:
- gli studi presentano certamente dei limiti, ma l’abbondanza di ricerche che convergono verso la stessa conclusione non può più essere ignorata. Gli studi che sottolineano l’importanza di una dieta equilibrata e ricca di alimenti vegetali sono ormai tanti-tanti-tanti e questo crescente consenso scientifico evidenzia il ruolo cruciale di un regime alimentare ben bilanciato nell’incidere positivamente sulla nostra salute generale;
- se sei scettico sul legame tra le (minimo) 5 porzioni di frutta e verdura al giorno e la demenza, ricordati che ci sono altri vantaggi dimostrati in modo molto più solido, come il mantenimento di un corretto peso corporeo e la riduzione del rischio di ictus,
- ma soprattutto, è a mio avviso un po’ come la scommessa di Pascal: i benefici di una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali e grassi sani superano di gran lunga gli eventuali rischi, rendendola una scommessa sostanzialmente sicura e vantaggiosa. Se questa dieta dovesse effettivamente contribuire alla prevenzione di malattie come la demenza, avremmo ottenuto un grande vantaggio. Al contrario, se l’impatto sulla prevenzione della demenza non fosse così significativo come sperato, avremmo comunque migliorato la nostra salute generale e il benessere fisico, senza alcun effetto negativo sostanziale.
L'articolo Rischio di DEMENZA e DIETA antinfiammatoria proviene da Healthy The Wom.