Introduzione
Con il termine di volvolo si intende la rotazione di un viscere attorno al proprio asse, un evento che solitamente viene a verificarsi a carico dei visceri addominali.
Il rischio principale, nel momento in cui un organo “ruota” effettivamente su sé stesso, è rappresentato dalla compromissione della componente vascolare, perché “l’attorcigliamento” vero e proprio dei vasi (vene ed arterie) può determinare:
- Compressione dei vasi venosi: sono i primi a rimanere compressi, poiché la pressione del sangue al loro interno è di gran lunga inferiore e pertanto sono considerati dei vasi facilmente comprimibili con una forza applicata dall’esterno). L’occlusione venosa comporta un ristagno di sangue a monte ed un accumulo di cataboliti che non riescono più ad essere smaltiti in modo efficace.
- Compressione dei vasi arteriosi: tale fenomeno è secondario al precedente, poiché la pressione interna delle arterie è maggiore rispetto alle vene e pertanto riescono a resistere più a lungo nei confronti di una pressione ab estrinseco). L’occlusione arteriosa determina però a questo punto la mancata ossigenazione dei tessuti e la conseguente sofferenza ischemica di questi ultimi.
La sintomatologia può essere aspecifica, ma verosimilmente è rappresentata da una sintomatologia acuta costituita da
- dolore intenso,
- malessere generalizzato
- e contestualmente altre manifestazioni localizzate più o meno intense.
La diagnosi inizia con il sospetto clinico, laddove il paziente presenta un addome acuto, a seguire alcuni esami strumentali possono ovviamente aiutare a guidare dal sospetto alla diagnosi ed alla successiva risoluzione terapeutica, che è ovviamente di tipo chirurgico.
La tempestività con cui avviene la risoluzione del quadro clinico è determinante nel consentire di salvare quanto più tessuto possibile.

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Richiami di anatomia
L’intestino umano è una struttura particolarmente complessa, sia dal punto di vista anatomico che funzionale. Essenzialmente può essere suddiviso in due porzioni distinte:
- Intestino tenue, rappresentante il primo tratto che origina direttamente dallo stomaco e che si continua inferiormente poi con il crasso;
- Intestino crasso, anche detto “grosso intestino”, che dal tenue prosegue fino alla parte terminale dell’intestino ed al suo collegamento con l’esterno attraverso lo sfintere anale.
Le due struttura, intestino tenue e crasso, possono poi essere ulteriormente suddivise in ulteriori porzioni caratterizzate da funzioni differenti; il tenue comprende:
- duodeno,
- digiuno,
- ileo.
La sua funzione, essendo collocato nel complesso all’inizio del tubo digestivo, è essenzialmente quella di proseguire il processo di assorbimento già iniziato a livello dello stomaco, mano a mano che il cibo viene digerito e ridotto ai suoi nutrienti essenziali. La sua struttura pertanto è finalizzata, oltre che alla digestione, all’assorbimento delle sostanze nutritive.
Il crasso invece è costituito da:
- cieco,
- colon ascendente, discendente e trasverso,
- retto.
La sua funzione, a parte un residuale assorbimento, diventa essenzialmente quella di compattare le feci (principalmente attraverso il riassorbimento dei liquidi) e spingerle fino alla fine dell’intestino dove, attraverso lo sfintere anale, verranno infine espulse all’esterno.
Tenue e Crasso sono tra loro collegati grazie alla valvola ileo-cecale, la cui funzione e continenza risulta essenziale.
All’interno della struttura intestinale vive inoltre una ricca flora batterica intestinale propria di tutti gli organismi e differente da un individuo all’altro, che aiuta la digestione ed il mantenimento di un corretto equilibrio omeostatico.
Cause
Il rischio di “torsione” di un organo attorno al proprio asse è strettamente correlato a
- anatomia dell’organo stesso, in altre parole alcune conformazioni anatomiche possono predisporre più di altre a tale evento),
- localizzazione,
- strutture circostanti,
- meccanismi di fissità che ancorano tale organo ai tessuti adiacenti e circostanti.
Per quel che riguarda l’intestino ovviamente il rischio di torsione è di base aumentato dalla sua conformazione anatomica: un lungo tubo ripiegato su se stesso ed in costante movimento, seppur minimo ed impercettibile senza l’aiuto di strumentazione adeguata.
Ovviamente non tutti gli individui sono esposti al rischio di volvolo intestinale allo stesso modo, poiché intervengono particolari situazioni in cui la condizione ha più probabilità di verificarsi.
L’intestino possiede comunque meccanismi specifici di fissità che lo ancorano alla parete addominale ed alle strutture circostanti: mesi e legamenti: queste strutture connettivali servono a limitare il movimento libero delle anse intestinali ed il loro rischio di incarcerarsi in soluzioni di continuo (come accade nelle ernie) o di “torcersi” su se stesse, situazione in cui il rischio più rilevante è rappresentato dalla compromissione vascolare.
L’assenza di afflusso arterioso comporta per i tessuti una sofferenza “ischemica” (ovvero da mancanza di ossigeno) e pertanto la produzione sempre di maggior prodotti di scarto; in assenza di un valido rifornimento di ossigeno, inoltre, le cellule per poter sopravvivere attivano un metabolismo anaerobio (ovvero per il quale non serve ossigeno per produrre energia). Tale metabolismo instaura quindi un loop vizioso per cui i prodotti tossici si accumulando sempre più e, contestualmente, il blocco della circolazione venosa determina un accumulo di questi cataboliti che non possono essere smaltiti.
Qualora il circolo non venga ripristinato si verifica inizialmente ischemia e successivamente necrosi (un vero e proprio infarto d’organo); se nel primo caso si tratta di un meccanismo in parte reversibile, la necrosi è al contrario un evento che causa la morte definitiva del tessuto che ne viene interessato (intestino nel caso di volvolo intestinale).
Fattori di rischio
I fattori di rischio per il volvolo intestinale comprendono:
- difetti congeniti,
- malattia di Hirschsprung,
- dimensioni atipiche del colon,
- gravidanza,
- aderenze addominali.
Sintomi
La clinica, purtroppo poco specifica, è quella di un addome acuto: se da un lato ovviamente mette in allarme medico e paziente su un evento le cui tempistiche di evoluzione potrebbero essere molto rapide, dall’altra può andare in diagnosi differenziale con molte altre condizioni (viene cioè potenzialmente e facilmente confuso con altri disturbi).
In caso di volvolo intestinale il paziente solitamente accusa i seguenti sintomi:
- intenso dolore addominale,
- addome a tavola, teso, dolente e dolorabile alla palpazione sia superficiale che profonda,
- gonfiore addominale,
- vomito,
- stitichezza,
- feci con sangue,
- ipotensione (pressione bassa),
- aumento della frequenza cardiaca (tachicardia),
- aumento della frequenza respiratoria (tachipnea),
- polso debole (lo diventerà sempre di più qualora la situazione non venga risolta in maniera rapida e comporti quindi una possibile condizione di shock),
- malessere generalizzato,
- febbricola,
- sudorazione periferica.
L’inizio dei sintomi può essere graduale o rapido.
Il dolore addominale non mostra sempre una localizzazione definita, molto più spesso viene in genere riferita sulla parete addominale a seconda del decorso delle fibre nervose corrispondenti ed eventualmente irradiato (per meccanismi di rapida infiammazione) anche ad organi e strutture circostanti. L’entità può essere così rilevante che addirittura il paziente, in corso di addome acuto, assume solitamente posizione di difesa quando sdraiato sul lettino.
Complicazioni
Oltre al rischio di necrosi del tessuto interessato, ossia di morte dello stesso a causa di un infarto intestinale, una temibile complicanza del volvolo intestinale è rappresentata dalla sovradistensione del viscere con rischio di perforazione e successivo spandimento in addome del contenuto intestinale (in questo caso particolarmente rischioso poiché il materiale digerito comincia a diventare materiale fecaloide e ne deriva pertanto un alto rischio di peritonite batterica/fecaloide con rischio di successiva sepsi generalizzata).
Diagnosi
L’insorgenza di ischemia e successivo infarto intestinale possono complicare estremamente la situazione; l’identificazione di volvolo intestinale e la sua successiva diagnosi devono quindi seguire un percorso estremamente rapido, poiché la salvaguardia delle funzionalità intestinali e la sopravvivenza del paziente dipendono essenzialmente dalla rapidità di intervento.
Il sospetto è inizialmente clinico, rappresentato dal quadro di addome acuto che il paziente presenta, condizione suggestiva del livello di urgenza della situazione, ma che non indirizza solitamente sulla causa sottostante.
Le indagini strumentali e biochimiche che possono risultare di aiuto sono:
- Ecografia addominale: rappresenta l’esame di primo livello più semplice e rapido, utile nella maggior parte delle situazioni. Permette di osservare una sofferenza d’organo, una sovradistensione o addirittura il sospetto di perforazione per la presenza di aria libera in addome.
- Esami ematochimici: indici di infiammazione, infezione e necrosi che possono essere rilevati mediante prelievo ematico (richiedendo però più tempo ed essere quindi utili soprattutto per la conferma ed il monitoraggio a posteriori dell’andamento clinico del paziente).
- TAC addome, che rappresenta un esame di secondo livello da effettuare su richiesta in caso di specifico sospetto clinico.
Cura
Il trattamento del volvolo intestinale dev’essere estremamente rapido: l’approccio è ovviamente chirurgico e prevede:
- Detorsione del viscere, con parziale recupero della funzionalità qualora questo sia possibile (il fattore determinante è il “tempo” e la rapidità con cui si riesce a diagnosticare ed intervenire).
- Asportazione di parti necrotiche del viscere , considerate ormai irrecuperabili.
- Eventuale fissazione alle struttura circostanti per evitare eventi futuri (soprattutto laddove vi sia stata già importante compromissione e riduzione della funzionalità residua dell’intestino).
Nonostante l’intestino sia una struttura particolarmente lunga, le sue varie componenti svolgono funzioni differenti e specifiche; qualora l’intervento non riuscisse a salvaguardare le parte di intestino interessata dal volvolo, si renderebbe necessaria una resezione intestinale, ossia la rimozione del tratto danneggiato.
In tal caso le due porzioni rimaste, rispettivamente a monte e a valle della resezione, verrebbero riaccostate tra loro ed unite mediante una anastomosi. La parte di intestino persa potrà o meno essere parzialmente sostituita, in termini di funzionalità, dall’intestino rimasto.
Qualora si perdessero porzioni particolarmente lunghe del viscere ne risulterà una ridotta capacità digestiva ed assorbitiva, che il paziente dovrà ovviamente monitorare dal punto di vista clinico ed insieme al medico di riferimento supportare con eventuali accorgimenti in termini di
- alimentazione,
- farmaci
- e stile di vita.
Prevenzione
Non vi sono condizione e comportamenti che possano aiutare a prevenire una condizione come il volvolo, essendo spesso un evento meccanico, improvviso e multifattoriale (in cui oltretutto gioca molto una predisposizione intrinseca dei tessuti del paziente e del suo vissuto).
La raccomandazione più importante risulta essere la rapida identificazione, sia da parte del paziente (prima) che del medico (poi) di segni e sintomi di eventuale allarme.
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